domenica 30 giugno 2013

Castelmezzano, terra di Lucania, una notte.....



C’è aria di freddo. Chi dice che a Sud è sempre caldo? Il prete, se fosse piovuto, avrebbe aperto perfino aperto le porte della chiesa per le parole di Erri De Luca, la chitarra di GianMaria Testa e il clarino di Gabriele Mirabassi. Va bene così, sfidiamo un autunno di giugno. Scenografia, la meraviglia di Castelmezzano e delle Dolomiti Lucane. Case che sono diventate roccia, appigli per scalare le montagne. E poi, voce arrochita e leggera, ecco Don Chisciotte, nelle parole di Nazim Hikmet: ‘Dulcinea, più bella sarai…’.  Nazim, che mi riappari di continuo in questa terra. Erri, con il suo viso affilato di rughe, gli occhi a fessura e il microfono che gracchia: ‘Coloro che non hanno mai vinto, ma sempre si rialzano in piedi. E per questo sono invincibili’. Attento, che quasi ci crediamo. Correremo dei rischi. ‘Questo è l’anno 409 d.C, dopo Chisciotte’, l’eroe più grande, l’eroe che ci spinge a uscire da ranghi. I sempre vinti. Per questo invincibili.
Beve un bicchiere di vinto e sussurra le sue parole, GianMaria. Mentre Gabriele si attorciglia nel tentativo di inseguire le note che escono dal suo clarino. Ci prova, a volte ci riesce e allora il suo corpo assume un'altra forma. E' un tralcio che si arrampica a un albero.

Gabriele, Erri e GianMaria


La piazza di Castelmezzano è piccola. La chiesa ha una facciata a rettangolo. Sedie davanti al suo portone. Conosco questa piazza. Le mie foto sono nella bacheca del paese. Attaccate alle pareti di una piccola stanza pubblica. Stanotte c'è il palco, un tavolo, tre sedie, una bottiglia di vino. Erri al centro ascolta la musica di Gabriele e GianMaria. E’ incantato. Ricambia il privilegio e dona i racconti dei suoi poeti. Della poetessa russa che ribaltò le leggi della gravità raccontando dell’attrazione celeste, la forza che ti porta verso il cielo: ‘L'Everest che ogni cresce di un po'. E gli alberi che salgono verso l’alto. Che allargano l'ombra per gli uomini. Che vivono là dove nascono, ma poi diventano legno che galleggia. Un materiale così pesante che riesce ad andare per mare. E così gli alberi hanno condotto l’uomo a conoscere il mondo’. E’ un omaggio agli alberi di Gezi Park: ‘Gli idranti della polizia hanno irrorato queste piante’. E gli scrittori devono piantare un albero per ogni pagina che scrivono.
Lo sa Erri che qui, in questo paese, ogni anno gli alberi si sposano?
L'eco di GianMaria: ‘E un transatlantico di carta di regalerò quando vorrai partire…’. 

Erri


C’è la silhouette di una donna che guarda dalla sua finestra a questo strano concerto in una notte di Castelmezzano. Erri e GianMaria parlano di vento, di acqua, di ombra, di migranti. Parlano di un Cristo zingaro, latitante precoce che cammina su un ‘marciapiede di stelle’. Conoscono le regole del gioco. Illusionisti di paese. Vorrei stare con voi fuori dal palco. Intuisco la felice malinconia, i silenzi dell'andare di paese in paese, la fatica dei chilometri. Poi l'ebrezza del racconto, cancella ogni esitazione. Già, avanti. Invincibili.
Erri parla di Izet Sarajlić, il poeta che non lasciò Sarajevo negli anni dell’assedio. Izet, Dio mio. ‘Con i suoi versi si erano innamorati generazioni di ragazzi e lui si sentiva responsabile della felicità. I ragazzi glieli ripetevano quando era in coda davanti al forno in cui era arrivata una sola pagnotta’. Non poteva andarsene da Sarajevo, Izet. ‘In guerra la poesia è ancor più urgente’. Si scaldò bruciando i suoi libri (i filosofi, lo scaffale del teatro, i romanzi…): si salvarono, per miracolo, le poesie. ‘E’ un poeta chi ha fatto il turno di notte per custodire il mondo’. Izet non fu capace di odiare nemmeno chi bombardava la sua città….

Gabriele

E poi una poetessa africana che divide la sua brioche con due ragazzi bianchi. 'Si divide il poco....'. 

‘Non ve ne andate’. Conosco chi ha gridato dal pubblico questo invito a Erri, GianMaria e Gabriele. Ne conosco la voce. ‘Qua siamo. A meno che non ci scacciate’, replica Erri. Qualcosa colpisce il cuore di chi ha sfidato il freddo per raggiungere Castelmezzano. Incontro gente che ho visto nei paesi di questa montagna. Volti conosciuti. Si scroccano baci e baci. Ci sono i ragazzi. Fabio che insiste: 'Posso offrire?'. Insiste. E lui che era il più ribelle nei giorni dell'albero, che guidava il primo trattore, che giocava a morra con la maglietta strappata e sporca di vino. Una donna si affaccia sulla piazza e chiede cosa c’è stasera. Poi, si ferma. Rimane lì. Imbambolata. Un uomo e una donna si baciano mentre GianMaria canta. Il bacio dura quanto una canzone. Una lucciola svolazza sotto il palco. Ipnotizza. Le luci del paese alle spalle delle canzoni e delle parole. Uno scrittore di Napoli, un cantautore di Cuneo, un musicista umbro. Al Sud. In uno dei cuori lontani della Lucania. La strada per arrivarci è ancor in frana. Bisogna fare larghi viaggi per venire fino a qui. Parlo con Marilù dei ragazzi di questa terra. E' come un rito. Un interrogarsi. Un impigliarsi. Ancora un bar, mi offrono Martini. Sorprendo Erri a mangiare un panino al furgone di Poldomania. Vorrei dargli un mio libretto. Ma poi lo lascio nelle mani degli amici. Un ubriaco vuole una foto. Abbraccio i ragazzi del paese.

GianMaria

Fa la sua comparsa Pablo Neruda: ‘Io non sono qua per risolvere nulla. Sono venuto solo per cantare e farti cantare con me’. 


Sì, stasera ve bene così. Il cielo, come sempre, abitudine di bellezza, mi sorprende
Castelmezzano, 29 giugno
Dedicato a Margherita Hack e ai suoi 91 anni: 'Anche questa è fatta'. E uscì dal palco. 




venerdì 28 giugno 2013

Vuelvo al Sur/Un non racconto

L'attesa del bus Marozzi

Quante volte ho scritto, ‘vuelvo al Sur’….Esiste un Nord? Esiste un Sud?
Sono felice di tornare a Sud.
Non lo do a vedere. Nella notte, trascino le mie solite pesanti valige per vicolo dell’Albero. C’è ancora la piccola friggitoria. L’odore dell’olio fritto è perenne. Anche a notte. Stranamente i kebabbari sono chiusi.

Attesa

Partenza

Il piazzale della stazione


Non c’è una sala d’attesa per chi prende un bus notturno. Si aspetta all’angolo di piazza della Stazione. L’ingresso alle piazzole della Sita è sbarrato da un cancello allucchettato. Neon azzurrino dell’autostazione chiusa. Si aspetta fuori. Seduti su paracarri di plastica. Baracchetta illuminata da luce fredda di un venditore di panini. Viene dal Bangladesh e se ne sta muto con le mani in tasca. L’odore non invita a offrirsi qualcosa da mangiare. Si fermano due rumeni e una donna rom. Ha una pesante valigia in mano e sta con una donna nera. Molto anziana. La ragazza più giovane si avvicina sorridendo: ‘Un euro, per favore’. Ride con divertimento. Le chiedo un euro anch’io. In fondo sono seduto davanti a un cassonetto. Passano giovani turiste in pantaloncini corti, una prostituta, pattuglie di immigrati in cerca di attraversare la notte…

Nella notte


In attesa ci sono ragazze che hanno finito i mesi dell’università. C’è chi è esperto di questi viaggi e sa aspettare. C’è chi non è certo di essere nel posto giusto. C’è il figlio muratore, che divora le parole nel suo dialetto, e accompagna i genitori fragili e un po’ spauriti. C’è chi davvero torna a Matera per la Festa della Bruna. C’è chi, ridendo, consiglia la figlia (o la nipote): ‘Non parlare con gli sconosciuti’. Mi presento alla ragazza, così non sono più uno sconosciuto. Le autolinee Marozzi hanno una loro celebrità notturna. Rotta universitaria: viene da Pisa, fermerà a Siena. Raccoglie studenti. Bus per giovani. Si sta in silenzio.

Bus in orario perfetto. Gli autisti hanno faccia da autisti. Tondi e con una pancia che si ammolla sul volante. Mettono ordine nei bagagli: Potenza, Grassano, Matera….

Il cielo si sbianca


Tutto è tranquillo. Si parte e già le luci sono spente. I ragazzi sanno donarsi sonno. Conoscono la lunghezza del viaggio. Il racconto può terminare qui. I chilometri verso Sud quasi non esistono. A Siena salgono altri studenti. Tutti avvertono casa: ‘Sono sul bus’. Accanto a me, ora, un ragazzo sovrappeso che si scusa ogni volta che deve scavalcarmi.

I camion ripartono


Niente racconto. Due soste. In una terra di nessuno. Autogrill. Alle due del mattino, scendo per scattare una foto. A Grottaminarda, e sono già le cinque, il cielo si è sbiancato, scendo per andare in bagno. Mi avvicina uno dei vecchi saliti a Firenze: ‘Lei è di qui? Sa dove siamo?’. Non lo so, ma vado a chiederlo al benzinaio. E’ che non so dove è Grottaminarda. Rimaniamo in silenzio. Il vecchio passeggia con una sigaretta in bocca. ‘ Sono di Tricarico, scendiamo a Grassano’. Non so che strada stiamo facendo. Siamo usciti dall'autostrada. 'Siamo dalle parti di Avellino?', chiede ancora il vecchio.

Sgranchirsi le gambe


Davvero mi imbarazza l’assenza di una trama. Non ho appunti. Non mi accorgo di quando gli autisti si scambiano alla guida. Tutti sembrano dormire alla perfezione. Abitudine al bus verso il Sud.
A Potenza scendono in molti. Auto ad aspettare. Scendono in molti anche a Grassano. Io sono sveglio, guardo il paesaggio attorno a me e penso: ‘Casa….’.

Dal bus


Cerco di ascoltare la conversazione alle mie spalle. La ragazza, venti anni, si scopre di essere dello stesso paese del ragazzo, ventisei anni. Lei torno volentieri alla sua campagna. Lui dice di aver viaggiato controvoglia. Ha un pasticcio da chiarire in un tribunale. A lui piace Siena: ‘E’ pulita. Funziona tutto’. Lei non vorrebbe lasciare il Sud. Parla di Dio. Lui scuote la testa: ‘No, non tornerei’. Vorrei ascoltare di più.

A Matera, ci sono i genitori. La mamma abbraccia la figlia e poi lancia un’occhiata indagatrice ai vestiti della figlia. Il padre mette la valigia nel bagagliaio.

I due autisti ripartono con un bus vuoto.
Notte fra il 26 e il 27 giugno, autostrada Firenze-Matera


La Festa di Rotonda non finisce mai/Focare la ualanedda....


Come spiegarvi la storia della 'ualanedda'? E' incomprensibile. Vìola le leggi della fisica. E' una piccola meraviglia dei boschi. La ualanedda è la prima stanga del corteo trionfale che dovrà trasportare in paese la pitu, l'albero protagonista della festa. A questa stanga saranno aggiogati i buoni più forti e più alti. La ualanedda è un giovane faggio. Deve essere fresco, in vegetazione. Deve essere dummolo, flessibile. Deve avere un ramo che si biforca in alto. Non può essere lungo più di quattro metri e settanta. E deve piegarsi a novanta gradi senza spezzarsi. Perchè ciò sia possibile bisogna focarlo, sfibrarlo, costringerlo a piegarsi facendolo oscillare con le funi. Un lavoro lungo. Paziente. Ha bisogno di forza e attenzione. 

Si foca il giovane faggio

La sfibratura della ualanedda

Si fa oscillare il faggio

Si prova a piegare il faggio
Ecco, la ualanedda è piegata

Il fumo e la ualanedda

La ualanedda è piegata
Bisogna preparare il foro nella pitu per incastrarci la ualanedda

Al lavoro per prepare il foro nella pitu
Michele al lavoro

Il foro dove incastrare la ualanedda

L'incastro della ualanedda

L'incastro della ualanedda
Si incastra la ualanedda

La ualanedda è pronta
Antonio
Carletto

Colazione


Nicola

Michele

Saverio

martedì 25 giugno 2013

Ancora Rotonda/E al mattino dell'8 di giugno, un albero cade nella foresta di Pizzalonga



Primo, vero giorno della Festa di Rotonda. Si sale a Pizzalonga con la gente del gruppo della Pitu. Per tagliare l'albero. Il faggio che vorrebbe essere abete. Questa è la cronaca per immagini di quanto accade ogni otto di giugno nella foresta del Pollino.


A Pitu, il faggio che vorrebbe essere abete




Il taglio

La caduta


I primi lavori all'albero



Bisogna liberare il tronco

Le litanie di Zi'Maria

Michele e Zi' Maria

La preghiera accanto all'albero caduto



Bisogna portare l'albero in piano

Trainare l'albero

I ragazzi puliscono l'albero


Bisogna spostare l'albero

Mani sull'albero

Il privilegio di spingere l'albero

L'ordine di Carletto

Ooooo...forza...

Il tempo della colazione
Lavoro di precisione, bisogna squadrare l'albero

Gli esperti al lavoro

Il filo rosso

La misura per lo squadramento

Lo squadramento

Lavoro per gente esperta

La motosega e i piedi

Bisogna guidare il lavoro delle lame

La gente dei boschi

Ancora una misura

Il segno della misura

Le mani
Lo squadramento

Lo squadramento
Lavoro di squadra

Gli accampamenti di Pedarreto

Gli accampamenti di Pedarreto

Gli accampamenti di Pedarreto