venerdì 10 febbraio 2012

Cartoline dall'Amiata/Montagna dello spirito

Piero ha scolpito il Budda in arenaria di Manciano


Mi raccontano della spiritualità di questo antico vulcano che ci prova a non assomigliare a un vulcano.
Ci devo credere.
Come al solito, metto in fila.

Apple e meditazione

Salgo a Merigar. ‘Terra di fuoco’. Comunità tibetana che è arrivata su questa montagna trent’anni fa. Qui insegna il maestro Chogyal Namkhai Norbu. Il vento afferra le bandierine colorate delle preghiere. Guardo lo stupa bianco che spicca nel verde-freddo di questa montagna. In un altro gar. Il maestro è in Argentina. E' estate laggiù.
Immagine perfetta: nel tempio della meditazione due ragazze (belle, dagli occhi dolci e saggi e la voce soffusa) stanno sedute dietro a un basso tavolino laccato. Tè, incensi e la mela morsicata di un Apple e i tasti veloci di un iPhone. Spiritualità e tecnologia appropriata. Un pc non avrebbe fatto lo stesso effetto. Marketing spirituale di Steve Jobs.

Il rifugio di David sul monte Labbro


Salgo al monte Labbro. Paesaggi strepitosi. Rifugio ed eremo delle comunità giurisdavidiche alla fine dell’800. David Lazzeretti predicava, senza saperlo, un cristianesimo egualitario e un vangelo messianico. I suoi fedeli erano contadini, pastori, artigiani, boscaioli. Costruì una torre nuragica in cima alla montagna. Proclamava: ‘La Repubblica è il regno di Dio’. Il suo mestiere era il barrocciaio. Scese in processione al suo paese attorniato da genti in abiti colorati e dodici fanciulle vestite di bianco. Un carabiniere gli sparò in faccia. L’Italia unita e la chiesa non potevano tollerare un profeta capace di parlare ai contadini. Nemmeno su una montagna lontana come l'Amiata. Un secolo dopo il suo paese gli dedica un museo. Cambiano i miti in cento anni. Leggo: ‘Davide era stato istruito, come gli antichi veggenti dagli spiriti in sogno. David, che noi chiamiamo santo’. Pochi vecchi professano ancora la sua fede e seguono i suoi insegnamenti. Al monte Labbro c’è un altare. Il suo segno, due C rovesciate con al centro la croce, viene ridisegnato ogni volta che si sbiadisce.

Segni sulla pietra a Roccalbegna

Le vecchie porta a Santa Fiora


Non hanno voluto seppellire David al cimitero del suo paese. Allora sta a Santa Fiora. Il luogo giusto. Non lontano dalla sua tomba, vi è quella di Ernesto Balducci, prete scolopio irrequieto. Ricordò quando morì: era andato, a settanta anni, a parlare in un incontro oltre l’Appennino. Non rifiutava mai un incontro. Quella volta non tornò. Quando parlava strizzava gli occhi e stringeva le mani. Figlio di minatori dell’Amiata. Figlio di una fatica immensa. Aveva fatto del sapere analfabeta dei suoi vecchi lo strumento indispensabile al suo sapere di uomo delle parole. Lo vedo lacerato qui a Santa Fiora: è finito il tempo delle miniere, di un lavoro infame, ma è anche finito il mondo di una straordinaria ricchezza umana. Mi piace che Ernesto sia sepolto accanto a David.

La Madonna nella pieve di Lamula

Luisa ci accompagna fino alla pieve di Lamula. Non so quanto sia consapevole quando spiega che questa chiesa sorta fra i castagni è un elogio dell’imperfezione. Che solo il demonio ama la perfezione. E per questo gli uomini costruirono una chiesa imperfetta. Non so se sia vero. Mi sorprende e mi piace pensare che abbia ragione. Nessuna delle otto colonne delle chiesa è uguale all’altra. Fuori c’è una fonte che è conosciuta come la ‘Diavolina’. Mondo a rovescio sull’Amiata. Amici milanesi ci provano a raccontarmi dei Templari passati anche per di qua. Io vorrei essere qui la domenica successiva alla Pasqua: giusto per vedere se è vero che i ragazzi regalano alle fidanzate un bastone con su piantato una pigna. E le ragazze contraccambiano con una ciambella. Lo spirito si fa allusione.
San Casciano in Val di Pesa, 10 febbraio

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